Paziente di 65 anni affetta da malattia renale policistica autosomica dominante (ADPKD). Si presenta in Radiologia per eseguire un’ecografia addominale completa, nell’ambito di un follow-up periodico per la suddetta patologia. Non ulteriori dati anamnestici di rilievo, ad eccezione di una lieve elevazione dei valori di GGT in assenza di sintomatologia addominale associata. La paziente nega inoltre alterazioni dell’alvo e riferisce benessere clinico generale. All’esame obiettivo addominale non si rileva alcun elemento patologico.
L’ecografia mette in evidenza un quadro di epatomegalia con disomogeneità ecostrutturale, associata a presenza di multiple e millimetriche formazioni iperecogene diffuse a tutto il parenchima, con prevalente distribuzione periferica. Presenza di qualche formazione cistica parenchimale. Nei limiti le vie biliari, la colecisti, la vena porta e le vene sovraepatiche. Reni di dimensioni aumentate, mal delimitabili, con nel contesto molteplici formazioni di tipo cistico bilateralmente, in differente fase evolutiva ma in assenza di complicanze e di stasi delle vie escretrici. Il quadro epatico complessivo è compatibile con complesso di Von Meyerburg in nota policistosi renale.
Il complesso di Von Meyerburg (VMC), anche noto come amartomatosi biliare, è una malformazione delle vie biliari intraepatiche dovuta alla persistenza di dotti biliari interlobulari embriologici in quantità sovrabbondante. Tali dotti, normalmente, vanno incontro a un processo di involuzione e si riducono in numero, ma nel contesto di questa patologia residuano sino all'età adulta.
Da questo difetto embriologico consegue la formazione degli amartomi: si tratta di lesioni multiple che sono frutto della dilatazione cistica dei dotti biliari, rivestite internamente dal consueto epitelio cuboidale e circondate da abbondante stroma di materiale fibrocollagene. Tipicamente le cisti non sono comunicanti col lume dei dotti biliari e si trovano in sede subcapsulare, in corrispondenza della periferia dei rami portali.
La prevalenza epidemiologica del VMC è < 1%: infatti la maggior parte delle lesioni amartomatose sono < 5 mm e pertanto non individuabili all'imaging per un limite di sensibilità delle metodiche. All'autopsia la loro prevalenza è invece del 3%. Diversi studi hanno evidenziato un'aumentata frequenza di amartomatosi biliare in parenchimi epatici affetti da cirrosi, epatite virale cronica, epatopatia alcolica o patologia secondaria a flogosi/ischemia di altra natura.
Il complesso di Von Meyerburg permane abitualmente asintomatico dal punto di vista clinico, manifestandosi solo in rari casi e in maniera variabile con quadri di: dolore addominale in ipocondrio dx/epigastrio associato con un possibile segno di Murphy positivo, meteorismo addominale, emorragia gastrointestinale, febbre e colangite, ittero, ipertensione portale, alterazione degli indici di funzionalità epatica (soprattutto AST e GGT) o del CA 19.9. Talora si assiste anche a quadri di iperbilirubinemia, ipoalbuminemia e incremento della PCR. Le forme sintomatiche si rilevano perlopiù in presenza di amartomi biliari giganti (0.4% dei casi), generalmente rari, rispetto alle dimensioni medie di circa 0.1-1.5 cm per lesione.
Patologie frequentemente associate al VMC, e che pertanto devono essere indagate nel parenchima epatico, sono le cisti epatiche semplici (16.9%), le cisti epatiche nel contesto di malattia policistica epatica o renale autosomica/recessiva, la malattia di Caroli e la sindrome di Caroli (associazione tra malattia di Caroli e fibrosi epatica congenita).
La rilevanza clinica del complesso di Von Meyerburg risiede però nella possibilità di evolvere in colangiocarcinoma o, più raramente, in epatocarcinoma: infatti, per quanto infrequenti le evoluzioni in tal senso, queste si caratterizzano per una prognosi molto scarsa (sopravvivenza a 5 anni del 15-40%) a causa della diagnosi tardiva, nel contesto di prevalente asintomaticità descritto in precedenza. Per tale motivazione, i pazienti affetti da questa condizione necessitano di un follow-up rigoroso nel lungo termine, tramite esame ecografico o RM con cadenza variabile in base al contesto clinico.
Se la risonanza magnetica con mezzo di contrasto (RM con gadolinio) rimane il gold standard diagnostico tra le metodiche di imaging, l'ecografia rappresenta l'esame di prima linea con cui si individua il sospetto di VMC (spesso in maniera incidentale, nel corso di esami ecografici condotti per altre motivazioni), indirizzando dunque verso il corretto iter diagnostico.
Ecograficamente, gli amartomi appaiono come spot ecogeni/iperecogeni nel contesto del parenchima epatico: qualora di dimensioni troppo esigue, determinano una certa eterogeneità dell'ecostruttura parenchimale; se invece di grandi dimensioni (> 1 cm), assumono aspetto ecografico ipo/anecogeno con eventuali artefatti a coda di cometa (in maniera analoga alle cisti semplici). In ragione di questo aspetto ecografico, possono entrare in diagnosi differenziale con le metastasi epatiche, i microascessi e la malattia di Caroli: da ciò la stretta necessità di completare l'iter diagnostico con la RM ed eventualmente con l'esame istologico.
Alla RM con gadolinio il pattern tipico è quello di lesioni cistiche ipointense in T1 e iperintense in T2, della dimensione di 0.1-1.5 cm, non comunicanti con l'albero biliare e in assenza di enhancement da gadolinio.
All'eventuale esecuzione della colangio-RM, il riscontro di poliposi endoluminale con setti biliari isointensi in T1 e iperintensi in T2 è un elemento che suffraga la diagnosi di VMC.
La conferma diagnostica assoluta si ottiene mediante biopsia con esame istologico, che abitualmente mostra dotti biliari dilatati, di piccolo-medio calibro, tappezzati da epitelio semplice cubico/piatto e circondato da abbondante stroma collagene. E' inoltre tipica la positività all’immunoistochimica per CK7, CK18 e CK19.
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