Uomo di 52 anni, forte fumatore, affetto da dislipidemia e con familiarità per coagulopatia non meglio precisata.
Il paziente aveva recentemente presentato una trombosi del tratto distale dell’aorta ascendente con embolizzazione a carico dell’arteria mesenterica superiore, dell’arteria epatica e dell’arteria splenica (originanti da un tronco comune dal tratto prossimale dell’AMS) e conseguente vasto infarto splenico evidenziato alla TC con m.d.c. Era stato pertanto sottoposto a intervento cardiochirurgico di rimozione del trombo e sostituzione dell'aorta ascendente con protesi in Dacron.
Dopo circa una settimana dalla dimissione si è recato in PS per comparsa di febbre e dolore addominale localizzato in ipocondrio sinistro e alla base dell’emitorace sinistro. Gli esami ematochimici mostravano elevati indici di flogosi (PCR 14.9 mg/dL, Fibrinogeno 703 mg/dL), leucocitosi neutrofila (14340 neutrofili/mm3) e trombocitosi (1078000 PLT/mm3)
LA TC addominale eseguita in urgenza mostrava aspetto "colliquato" del noto esteso infarto splenico con distensione della capsula. Il paziente è stato dunque ricoverato nel reparto di Chirurgia d’urgenza dove è stato sottoposto a terapia antibiotica ad ampio spettro con miglioramento del quadro clinico e laboratoristico.
Al controllo ecografico dopo una settimana la milza risultava in gran parte occupata da una formazione ipo-anecogena, corpuscolata, a limiti irregolari e ben definiti, delle dimensioni di circa 12X6 cm. I due successivi controlli (rispettivamente a 7 e 14 giorni) hanno mostrato una progressiva organizzazione della lesione ascessuale che appariva maggiormente ecogena, stratificata e di ridotte dimensioni (10X5 cm) rispetto all’esame precedente.
Discussione
L’infarto splenico è una condizione che colpisce principalmente pazienti con malattie linfo-mieloproliferative, traumi, cardiopatie embolizzanti, endocarditi, anemia falciforme, aterosclerosi, vasculiti, pancreatiti e stati protrombotici non tumorali.
Clinicamente si presenta con dolore in ipocondrio sinistro, nausea, vomito e talvolta splenomegalia.
Il quadro ecografico ha carattere evolutivo. In fase acuta si presenta come una lesione isoecogena rispetto al restante parenchima, minimamente disomogenea e dunque di difficile visualizzazione. Successivamente assume un aspetto ipoecogeno di forma triangolare con base sottocapsulare e l’apice rivolto verso l’ilo, privo di contranst-enhancement alla CEUS, evolvendo infine in una formazione iperecogena di dimensioni ridotte rispetto a quelle iniziali per esiti fibrotici.
La terapia consiste nell’anticoagulazione sistemica, particolarmente efficace quando l’infarto è legato a stati protrombotici o fenomeni di cardio-embolizzazione.
In alcuni casi l’infarto splenico si complica con ascessualizzazione. In questo caso alla sintomatologia propria dell’infarto si aggiungono la febbre, con possibile evoluzione verso lo stato settico, e talvolta dolore pleuritico a carico dell’emitorace omolaterale e alla spalla sinistra per fenomeni irritativi a carico della pleura e del diaframma rispettivamente.
L’eziologia degli ascessi splenici è strettamente dipendente dal sito di origine della disseminazione. Tipicamente l’infezione sarà sostenuta da Cocchi gram-positivi in caso di endocardite, da anaerobi e gram-negativi in caso di infezioni intra-addominali, sarà polimicrobica se associata e peritonite o da Candida sp. nei soggetti neutropenici e immunocompromessi.
L’aspetto ecografico degli ascessi splenici piogeni è tipicamente quello di lesioni a margini irregolari, scarsamente delimitate, con ecogenicità variabile a seconda dello stadio evolutivo (ipoecogeni, iperecogeni o complessi) e la presenza o meno di setti. In caso di infezioni da batteri anaerobi sono presenti riverberi da gas intralesionali, mentre gli ascessi micotici tipici dei pazienti immunocompromessi sono generalmente multipli con aspetto a “occhio di bue”.
La terapia consiste nell’uso di antibiotici ad ampio spettro e nel drenaggio dell’ascesso, mentre in alcuni casi è necessario sottoporre il paziente a splenectomia.
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